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Il Palloncino Rosso

Voto 17/20

Nessun giro di parole.
I passi di un bambino sulla strada (Un cane..lo accarezza). Scende lungo la scalinata di un vicolo.
Qui, si ferma, guarda in alto, si arrampica su un lampione e raggiunge agilmente un palloncino rosso, annodato attorno all’estremità del palo. Scioglie il nodo, afferra il filo tra i denti e lo porta con sé.
Non una parola. Non un gesto di troppo.
La telecamera accompagna dolcemente questo Incontro, presente e attenta, ma defilata (pur nella sua centralità prospettica). L’occhio abdica alle Immagini, senza pretesa di narrare, senza didascalie. Suggestiona senza Suggerire.
È la testimonianza microscopica di un Evento irripetibile, lungo un respiro.
Già questo un dono.

Da questo punto in poi, il bambino inizia a farsi Bambino, quale Archetipo impeccabile della Fanciullezza, tanto è essenziale la maniera in cui la sua figura e il suo comportamento ritraggono questa forma esistenziale.
Il palloncino rosso, invece, persistendo nella sua condizione oggettuale, pur anelando continuamente alla “Maiuscola”, all’Archetipo, non può elevarsi oltre il grado di transitorietà. DEVE essere (e apparire) occasionale, contingente, fragile. Eppure, essere continuamente legato alla centralità del bambino, lo espone a questa centralità caratteriale.

Brevi/Lunghe sequenze della corsa sulla strada e sul marciapiede (con il palloncino..).
L’arrivo a scuola (con il palloncino..).
L’uscita da scuola (con il palloncino..).
Passare da ombrello a ombrello, accompagnato da un passante sempre nuovo (con il palloncino, anche lui protetto dalla pioggia).
Passaggi purissimi di una condivisione muta, che non necessita d’altro che non sia Limpida Presenza.

È trascorso circa un terzo di quest’opera, quando dai lati opposti della stessa finestra (entrambi schiacciati contro il vetro alla ricerca di un contatto) il Bambino e il palloncino rosso scoprono la possibilità di una nuova distanza
(anche a scuola si erano divisi, ma il palloncino era stato affidato a un inserviente della scuola, nella scuola).
Solo a questo punto, reso (resosi!) consapevole di questa possibilità, il palloncino inizia a mostrarsi in tutta la sua spontaneità animica.
Come se l’intensità degli istanti condivisi fino a quel momento comportasse la necessità di negare, anche sul piano fisico, una superficialità non più “dovuta”, inautentica.
Il palloncino non riesce e non può più fingere una persistente verosimiglianza.
Nega la banalità, non la leggerezza, a vantaggio di un’espansione comunicativa che lo vivifica. Riconosce, oltre il sottile strato rosso, nell’aria, un alito. Contagiato dalla Fanciulezza, diviene Fanciullo. Non un’appendice, o un corollario di quell’Archetipo, ma una sua espressione ulteriore ancora più essenziale di quella incarnata nel bambino. Inoltre, traducendo le potenzialità simbolizzanti della Fanciulleza rispetto alla Realtà oggettuale, Diviene Archetipo Paradossale dell’Oggetto-Qualunque-De-Qualunquizzato.

In meno di 30 minuti complessivi, trova dimora Ogni Sfumatura Drammatica, Ogni Evento Relazionale, dall’Incontro fortuito alla Distanza lacerante. Un percorso completo, raffinato nella sua capacità di contenere e gestire e riprodurre dinamiche universali nella più piccola porzione dimensionale concepibile.

Un’opera piena di Retorica..
..nella migliore accezione possibile.

Inno alla Limpidezza.

|SF|