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La talpa

Voto: 18/20

Quando ci troviamo di fronte ad un’opera così chiara, dettagliatamente netta ed inquadrata nel suo genere, è difficile non ammirarne la pregevole fattura. La talpa è una spy story in tutto e per tutto, come non se ne vedeva da tempo, troppo tempo. Calderaio, Sarto, Soldato, Povero e Mendicante: uno di loro è una spia all’interno dei servizi segreti inglesi. La trama è semplice e lineare, dettagliata quel che basta per catturare l’attenzione e la curiosità attorno ad un’opera costruita con esagerato talento. I ritmi, com’è giusto che sia, sono lentissimi, quasi sfiancanti.

Tutto è prepotentemente all’altezza della situazione: dagli attori alle musiche, dalla sceneggiatura alla fotografia, il tutto decorato da una regia puntigliosa ed attenta, che ricalca appieno le caratteristiche del genere. Splendidi Gary Oldman e Colin Firth, memorabile la scena finale in cui la talpa viene uccisa in un impeto di rabbia e dolore, sotto le note della splendida “La Mer“, reinterpretata da Julio Iglesias.

L’unica piccola nota dolente è l’uso del flashback, che rende praticamente obbligata una seconda visione del film. Si impiega qualche minuto a comprendere la maniera particolare con la quale Alfredson sceglie di usarla, ed una volta compresa, parlando di un film intensamente complesso per le sue dinamiche da spionaggio, si fa fatica a ricomporre completamente tutti i pezzi del puzzle. Il film, in tutti casi, necessita un’attenzione continua ed elevata durante tutto l’arco narrativo, motivo per il quale consiglio vivamente una seconda visione, se proprio non avete voglia di leggervi l’altrettanto splendido romanzo di John le Carré, dal quale è tratto il film.

Dopo lo splendido esordio con Lasciami entrare, Alfredson ci delizia con un vero e proprio capolavoro del genere, consacrandosi (definitivamente?) ad astro nascente del cinema (ultra) moderno. Da non perdere, in nessun caso.

Roma, 19/08/2013

Stefano Cherubini


Lasciami entrare

Lasciami entrare

Voto: 16/20

L’esordio alla regia di Tomas Alfredson è un film intenso e struggente, con tocchi di vero talento registico. Si tratta di una storia morbosa ed estremamente originale, una visione deliziosa della figura del vampiro.

Il film viene presentato come una storia horror; in realtà, i contorni dell’horror fanno solo da sfondo ad una relazione morbosa e passionale tra una bambina-vampiro ed un ragazzino timido ed impacciato, vittima di scherzi di cattivo gusto da parte dei suoi compagni. Il rapporto, inizialmente all’oscuro dei problemi di sopravvivenza della piccola, si evolve imponentemente fino al punto critico in cui la verità non può più essere offuscata. Privata della sua figura paterna, essenziale nel procurarle sangue umano attraverso efferati omicidi, Eli è costretta ad agire sola, durante la notte, mostrando ad Oskar la sua vera natura. Inizialmente, il ragazzo non comprende e si allontana spaventato e confuso, ma accetterà col tempo la sua natura, convinto (dall’alto della sua incoscienza) che la relazione possa sopravvivere a qualsiasi evento. In questo senso, rimane piuttosto emblematica la scena finale in cui i due scappano in treno durante il giorno (ostile ai vampiri), nascondendo Eli all’interno di una grossa valigia.

Lo spiccato senso del ritmo di Alfredson è ciò che colpisce in questo esordio, mostrando quella che sembrerebbe un’esperienza quasi ventennale alla sua prima vera regia. Nonostante il film sia di fondo un falso horror, pur mantenendone alcuni tratti caratteristici (su tutti gli omicidi commessi da Eli, con scene di pregevole fattura e decisamente dense di adrenalina), centra gli obiettivi del genere con più precisione di quanto non facciano pellicole votate puramente all’horror, genere, a mio avviso, ampiamente in crisi da almeno un decennio.

Scommettere su Alfredson alla luce di questo suo esordio sarebbe stato leggermente rischioso, ma non azzardato. Farlo dopo aver ammirato con stupore lo sbarco ad Hoollywood con La Talpa sarebbe troppo facile. Ma questa è un’altra storia, che racconteremo molto volentieri un’altra volta…

Roma, 12/08/2013

Stefano Cherubini